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ADOLFO WILDT, QUESTO SCONOSCIUTO


Piccolo e minuto, asciutto nel vestire e nell'aspetto, misterioso e mistico al tempo stesso, di grande fede interiore, fu osannato e celebrato ma anche criticato per il suo modo del tutto estraniante di trattare la materia, venendo presto oscurato dalla critica del dopoguerra, subendo, come per la maggiore parte degli artisti a cavallo tra le due guerre, la pesante e difficile condizione di damnatio memoriae. Le poche mostre ed esposizioni tenutesi dal 1931, anno della morte di Wildt, al 1989-90, si possono benissimo contare sul palmo di una mano. Esposizioni coraggiose per i tempi, perchè fare il nome di Wildt era sinonimo di imbarazzo, vennero realizzate nella Sala Napoleonica di Brera nel 1968, al centro Rizzoli di Milano nel 1970, alla galleria dei Bibliofili nel 1972 organizzata da Vanni Scheiwiller e Giuliana Olcese a Milano, passando per la Galleria Narciso di Torino nel 1973, a Palazzo Te' a Mantova nel lontano 1975; caso estremo l'esposizione di sculture e disegni nel 1973 a Londra, e si giunge al 1988 con la mostra alla Galleria di Claudia Gian Ferrari in collaborazione con Franco Maria Ricci.

Come potete constatare furono episodi isolati e poco replicati.

Arriviamo dunque al 1989, siamo a Venezia, ca' Pesaro: gli eredi Wildt-Scheiwiller donano la ricca collezione di sculture di Adolfo Wildt, stipate per anni nei depositi del Castello Sforzesco di Milano, e per l'occasione vengono restaurate ed esposte nella prima e grande mostra curata dalla professoressa Paola Mola, la più grande esperta al mondo dell'artista, quindi la prima uscita pubblica da quel lontano 1931 all'esposizione della Quadriennale romana che consacrò ma che consegnò di fatto alla damnatio memoriae. Dunque la prima e più importante mostra di Adolfo Wildt all'interno della Galleria Internazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Ca' Pesaro, che fece da apripista alle successive e distanti mostre, ma perchè così distanti? E perchè abbiamo dovuto attendere ancora così tanto tempo per vedere una mostra di Wildt?




Bisogna aspettare il 2012, e per la precisione il luogo è quello dei musei di San Domenico a Forlì, una mostra monografica su Adolfo Wildt: in questi anni Wildt è si comparso, ma solo nelle aste italiane ed internazionali, registrando sempre grande interesse da parte dei collezionisti e degli esperti. Il progetto forlivese, ripagato con grande successo di pubblico e di critica, ha per titolo "Adolfo Wildt. L'anima e le forme" ed ha esplorato attraverso il richiamo dell'antico e l'influenza del contemporaneo la figura del nostro scultore. Dalla Grecia classica al barocco berniniano, dal classicismo lombardo alla cultura mitteleuropea, attraverso Michelangelo e l'esempio di Rodin.

Di seguito vi riporto il video-intervista dedicato a Paola Mola, curatore della mostra di Forlì:

Ma per quale motivo, oggi, siamo di fronte al tema di un 'Adolfo Wildt sconosciuto' pur avendo come esempio, negli ultimi anni, del proliferarsi di mostre dal 2012 in poi (le mostre di Parigi e di Milano nel 2015)?

Se chiediamo a un visitatore o turista medio, questo ci darà: 'Adolfo chi? Quello dei forni crematori?' Oppure 'Adolf chi?'

Non è uno scherzo, purtroppo è una constatazione vera e provata in prima persona (sigh!). Meglio ancora, se domandiamo ad un milanese tipico, questo rimarrà spaesato. Rimanendo perplesso circa l'origine del cognome 'Wildt': è svizzero o tedesco?

Torniamo sul titolo 'Adolfo Wildt, questo sconosciuto': sconosciuto in primis, sia a livello nazionale (paese Italia) sia a livello locale (Milano e Lombardia), non tutti conoscono il grande Cimitero Monumentale di Milano dove sono racchiuse il maggior numero di opere a carattere tipicamente funerario di Adolfo Wildt, e non tutti sanno che fu il maggior caposcuola dell'arte funeraria tra le due guerre e successivamente per gli anni quaranta e cinquanta del XX secolo. E non tutti conoscono quel grande esempio di architettura e arte del ventennio che è il Monumento alla Vittoria di Bolzano del 1926-28 con le tre erme dei martiri Cesare Battisti, Damiano Chiesa e Fabio Filzi, e ancora quante persone prevedono una visita a Castiglione delle Stiviere (Mantova) nel cimitero cittadino dove si trova quel capolavoro della scultura funeraria italiana e non solo che è il 'Monumento Bazzi-Boschi' del 1921?

Davvero pochi, molto pochi.


E per tornare in ambito milanese quanti conosceranno l'atrio spettacolare, misterioso e inquietante di casa Berri-Meregalli di Giulio Ulisse Arata con al centro la statua della 'Vittoria' del 1918-19, affascinante per la sua forma a mo' di aereoplano che si libra nell'aria, rilascando dietro di se una scia di polvere e di stelle?

Uhm non saprei...


L'intento fin dal lontano gennaio 2013 da parte di chi scrive è da sempre quello di promuovere e di valorizzare la figura di Adolfo Wildt: il progetto di ADOLFO WILDT E LA SCULTURA nato dai banchi del liceo e portato avanti sino ad ora ha portato nelle case di alcune migliaia di persone in tutta Italia ed in parte all'estero, il modo di trattare la materia con eccelsa maestria da parte dello scultore che più milanese non era, ed è stato.

L'apertura del nuovo sito internet e il collegamento con i social network preesistenti, potenzia maggiormente tale sinergia di risorse, giovani e quanto mai iperveloci: la necessità di avere sempre più a portata di click informazioni e delucidazioni su questo scultore fa si che le risposte siano immediate ed esaurienti, sempre nei limiti delle mie conoscenze e possibilità.

Ed è per questo motivo che spero venga apprezzato lo sforzo di carattere scientifico-divulgativo di questo nuovo sito internet, sapendo che chi già mi segue su Facebook ed Instagram, possa ritrovare qui la stessa passione e dedizione con cui finora ha caratterizzato il blog,

un blog di scultura.

Prima di tutto.














 
 
 

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